La diversità oscura: un nuovo studio globale evidenzia l’impatto nascosto dell’uomo sulla vegetazione naturale
Uno studio internazionale, pubblicato su Nature e coordinato dall'Università di Tartu (Estonia), ha rivelato che molte specie vegetali native sono assenti dai loro habitat naturali, soprattutto nelle aree più influenzate dall’attività umana. La ricerca, condotta dalla rete DarkDivNet composta da oltre 200 botanici, ha analizzato la flora di quasi 5500 siti in 119 regioni del mondo, registrando sia le specie presenti che quelle potenzialmente adatte ma assenti, definite “diversità oscura”.
I risultati mostrano che, in regioni poco disturbate, oltre un terzo delle specie potenzialmente adatte è effettivamente presente, mentre in aree altamente modificate dall’uomo si scende a solo una su cinque. L’Human Footprint Index, che misura l’impatto umano attraverso fattori come urbanizzazione e infrastrutture, ha rivelato un'influenza negativa su scala regionale, persino all’interno di aree protette. Questi dati suggeriscono che le azioni di conservazione dovrebbero estendersi oltre i confini delle riserve naturali.
Il contributo della botanica italiana alla ricerca
Diversi soci della Società Botanica Italiana hanno partecipato attivamente allo studio, contribuendo con dati provenienti da ecosistemi di alto valore ecologico. Le aree di studio italiane vanno da nord a sud, isole comprese, mostrando la grande diversità ecosistemica dei nostri territori:
• Parco Nazionale dello Stelvio (UNIPR) Un ambiente alpino situato a 2700 m di quota, caratterizzato da praterie primarie dominate da Carex curvula , dove le condizioni estreme limitano la presenza di specie.
• Colli Euganei (UNIVE) Un ambiente collinare che ospita una straordinaria biodiversità, con molte specie rare e di interesse conservazionistico, favorite dalle particolari condizioni pedologiche e climatiche del sito.
•Laguna del Mort (UNIVE) Un’area costiera caratterizzata da elevata biodiversità e minacciata dallo sviluppo turistico. La convivenza tra conservazione e pressioni antropiche la rende un laboratorio unico per studiare come conciliare fruizione e tutela ambientale.
•Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (UNIBO-UNIVAQ) Un'area storicamente gestita dall’uomo, che offre l’opportunità di studiare gli effetti della gestione forestale sulla biodiversità e sulla resilienza degli ecosistemi.
• Appennino Settentrionale (UNIPR) Un sito forestale situato nel Parco Nazionale dell'Appennino tosco-emiliano rappresentativo delle faggete montane e del loro ruolo nella regolazione degli ecosistemi.
• Sardegna Sud-occidentale (UNICA-UNIBAS) I boschi di leccio e la macchia-foresta del Sulcis rappresentano una delle più vaste formazioni forestali mediterranee in Europa, cruciali per la conservazione della biodiversità ma solo parzialmente tutelate.
• Parco Nazionale dell'Etna (UNIPA-UNICT) Il più alto vulcano attivo d’Europa è un ambiente dinamico, in cui l’attività vulcanica periodica favorisce il rinnovamento degli ecosistemi e la selezione di specie adattate a condizioni estreme.
I dati raccolti sottolineano la necessità di gestire in modo sostenibile non solo le aree già riconosciute come riserve naturali, ma anche le zone circostanti, per garantire la resilienza degli ecosistemi e il mantenimento della diversità vegetale. Lo studio propone l’uso della diversità oscura come nuovo strumento per valutare e monitorare la perdita di biodiversità su scala globale.
per approfondire, l'articolo scientifico: Pärtel, M., R. Tamme, C. P. Carmona, K. Riibak, M. Moora, … , e M. Zobel (2025). "L'impoverimento globale della vegetazione naturale rivelato dalla diversità oscura." Nature (accettato il 19.02.2025).